
Vertice UE – Ucraina: nuovi aiuti a Kiev
Lo scorso 2 e 3 Febbraio si è tenuto a Kiev il 24esimo Summit UE-Ucraina, il primo dall’inizio dell’invasione dove l’intero governo ucraino e l’intero collegio di Commissari europei si sono incontrati di persona. È la prima volta che la Commissione europea si reca in un paese in guerra, e la guerra, anche nella Capitale, si sente.
La delegazione è stata accolta dal suono delle sirene che esortava la popolazione a correre ai rifugi. “Questo ci ricorda ciò che gli ucraini vivono ogni giorno” – ha detto la Presidente Von der Leyen – “un anno di sofferenze ma anche di leggendario coraggio del popolo ucraino”.

European Union, 2023 Source: EC – Audiovisual Service
“Ricostruiremo questo bel paese”, ha aggiunto, annunciando la consegna della prima tranche di aiuti del 2023 per un importo di 18 miliardi. Un contributo che porta così il sostegno finanziario complessivo (umanitario, militare ed economico), da parte delle istituzioni europee e dei singoli Stati membri a 50 miliardi dall’inizio dell’invasione. Un’enormità, ma nulla rispetto alle cifre che serviranno per ricostruire l’intero paese, con stime che vanno oltre i 350 miliardi di euro, secondo la Banca Mondiale. Il tanto acclamato utilizzo degli asset russi congelati, nuovamente annunciato durante il summit, potrebbe quindi non fare una grande differenza.
Ma il sostegno dell’UE non guarda solo al futuro, è presente e concreto. Da questa settimana, è possibile per i cittadini ucraini recarsi agli uffici postali per scambiare le loro vecchie lampadine con lampadine a led, rese disponibili da una iniziativa internazionale per ridurre il consumo di energia. I 50 milioni di lampadine donate sono infatti fondamentali, insieme alle centinaia di generatori elettrici già donati o in via di consegna, per far fronte all’intensa campagna russa contro le infrastrutture energetiche e di distribuzione del paese.“È stato bellissimo” – ha commentato la Presidente Von der Leyen, dopo essersi recata all’ufficio postale di Piazza Maidan, “incontrare decine di persone che venivano a scambiare le loro lampadine”, – un’iniziativa che permetterà, sempre secondo la Presidente, “di risparmiare l’equivalente dell’energia prodotta da un reattore nucleare”. Un momento simbolico, se si pensa poi che proprio in Piazza Maidan ebbero inizio nel 2014 i violenti moti di protesta che portarono alla firma dell’accordo di associazione con l’Unione europea.
Ma la ricostruzione non è l’unico tema sul tavolo, ci sono anche le sanzioni. Il tanto discusso tetto al prezzo del gas costa alla Russia 160 milioni di euro al giorno. “L’UE è pronta a continuare a rafforzare le misure restrittive in stretto coordinamento e cooperazione con i partner globali”, si legge nel comunicato, dove si annuncia un nuovo pacchetto di sanzioni – il decimo – che entrerà in vigore il 24 febbraio, a un anno esatto dall’inizio dell’invasione. Sanzioni finalizzate non solo a fiaccare l’economia russa, ma a privarla di tecnologie critiche alla continuazione dell’offensiva.

European Union, 2023 Source: EC – Audiovisual Service
Nella lista di nuove iniziative, è stata poi annunciata l’istituzione ad hoc di una corte all’Aia per la persecuzione del crimine di aggressione contro l’Ucraina, definito nel diritto internazionale (Statuto di Roma), come la “pianificazione, l’avvio o l’esecuzione da parte di un leader militare o politico di un atto di aggressione di uno stato contro un altro”. “Un passo fondamentale a ritenere pienamente responsabili le menti del supremo crimine internazionale”, ha commentato il procuratore generale ucraino Andriy Kostin a seguito dell’annuncio.
In agenda dunque i temi della ricostruzione e del sostegno economico, di nuove sanzioni per Mosca, della sicurezza energetica e dei crimini di guerra; ma per Zelensky la questione centrale è il processo di adesione all’UE. L’Ucraina ha ottenuto lo status di candidato lo scorso giugno, a soli tre mesi dall’inoltro della richiesta, un lasso di tempo che abbassa notevolmente la media di tre anni impiegata dagli attuali Stati Membri (per non parlare dei tempi di attesa dei vicini Balcani). Seppur riconoscendo gli importanti sforzi compiuti da Kiev per riformare il proprio sistema giudiziario e combattere la corruzione, per di più in un contesto aggravato dal conflitto, l’UE deciderà in merito a ulteriori misure per l’adesione una volta che l’Ucraina avrà soddisfatto le condizioni indicate nel parere della Commissione europea. “Saremo al vostro fianco a ogni passo”, ha però rassicurato la Presidente, annunciando un Piano di azione prioritario per il 2023-2024. Nel proporre questa iniziativa, volta a creare una roadmap per guidare l’accesso al Mercato Unico, sono stati rimarcati i forti benefici già ottenuti con la temporanea sospensione di tutti i dazi sugli export ucraini verso l’UE. Sembrerebbe sotto esame, tra l’altro, la possibilità di includere l’Ucraina nell’area di roaming europea il prima possibile. “Un altro passo concreto per avvicinare l’Ucraina e l’UE” si legge nel comunicato rilasciato dal Presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
“We will continue supporting Ukraine for as long as it takes. And we will continue to impose a heavy price on Russia until it ceases its aggression. Ukraine can count on Europe to help rebuild a more resilient country, that progresses on its path to join the EU.”
Infine, sul piano militare, oltre a un incremento di altri 3.6 miliardi di euro destinati allo Strumento europeo per la pace – il fondo europeo fuori dall’ordinario bilancio pluriennale, creato a seguito dello scoppio della guerra – l’UE ha annunciato l’addestramento di altri 15.000 soldati di Kiev, che porterà a 30.000 il totale delle truppe ucraine formate dai paesi UE. Insieme a quello degli Stati Membri, il sostegno militare complessivo dell’UE all’Ucraina ammonterebbe ora a quasi 12 miliardi di euro, circa la metà del contributo di Washington. La vera svolta a livello militare era però già arrivata un paio di settimana fa, quando dopo molte esitazioni, la Germania aveva infine dato l’ok per la consegna all’Ucraina diversi carri armati ‘Leopard 2’, che Zelensky chiedeva a gran voce da settimane, e dando così il via libero agli altri alleati di Kiev (in particolare la Polonia), a fare lo stesso. Secondo le norme internazionali infatti, gli stati mantengono il diritto di opporsi al trasferimento di materiale bellico prodotto dalla propria industria, anche quando questo si trova in altri paesi.
Come finirà?
Col trasferimento di mezzi pesanti potrebbe essersi aperta una nuova fase del conflitto. Proprio nei giorni del summit, in Russia si sono svolte le commemorazioni a Volgograd (ex Stalingrado), per l’omonima battaglia che vide la vittoria sovietica sulla Germania nazista. “La Russia è nuovamente minacciata dai carri tedeschi – ha dichiarato Putin, evocando la retorica dell’ ‘operazione speciale’ per combattere i nazisti in Ucraina – Possiamo rispondere, e la guerra non finirà con l’uso di carri armati”. Non è la prima volta che il Presidente russo si lancia in dichiarazioni ad effetto per alzare la posta in gioco e scoraggiare il supporto occidentale con la minaccia di una pesante escalation che, di fatto, è già in corso.
Data l’irremovibile posizione di Mosca e Kiev sui territori occupati – “resa incondizionata” – è difficile immaginare come e soprattutto quando questa guerra possa finire, ma è possibile immaginare come continuerà. La questione dei carri ha portato il conflitto su un altro livello, e intanto, anche il fronte si allarga. Secondo l’intelligence ucraina, Mosca si prepara a una nuova grande offensiva, prevista tra poco, forse proprio il 24 febbraio. All’inizio si pensava che l’invasione sarebbe stata una questione di giorni, se non altro perché l’esercito ucraino sembrava non poter competere con la potente Russia. Poi, secondo i media occidentali, anche la macchina da guerra di Mosca sembrava essere più obsoleta del previsto – ricordiamo tutti la colonna di mezzi bloccati nella neve nelle prime settimane dell’invasione. Ma ora le condizioni sono cambiate. I nostri aiuti permettono all’Ucraina di resistere, la Russia ha introdotto la leva obbligatoria e, nel tentativo di rendere sicura la provincia di Donetsk, una delle quattro annesse unilateralmente con il referendum di settembre, Putin sta inviando migliaia di soldati e mercenari verso la morte in attacchi di ondate umane per guadagni territoriali marginali. Difficile stimare il numero complessivo di perdite, viste le grosse differenze nei dati forniti da Mosca e Kiev, ma i morti si contano nelle decine di migliaia, a cui aggiungere circa 12 milioni di profughi. E nonostante le sanzioni occidentali, l’industria militare russa, inizialmente rallentata, è al massimo della produttività. L’azienda Uralvagonzavod, che produce tra l’altro il carro armato più moderno in dotazione all’esercito russo, il T-90M, è ormai in grado, anche grazie alla fondamentale fornitura di componenti elettroniche dalla Cina, di produrre fra quaranta e cinquanta carri armati al mese, una produzione quadruplicata rispetto dall’inizio dell’invasione.
Sembra in tutto e per tutto una guerra convenzionale, tra eserciti nazionali, tra potenze; non la solita guerriglia di controinsurrezione alla quale gli eserciti occidentali si erano abituati dalla fine della Guerra Fredda. Intanto, Kiev fa pressione sugli alleati per l’invio degli aerei da combattimento. Che si passi dai blindati agli F16 sembra al momento impossibile, secondo quanto dichiarato dal Presidente Biden la scorsa settimana (e se non si muove Washington, difficile lo faccia Bruxelles), ma fino a qualche giorno fa, lo si diceva anche dei mezzi corazzati e dei carri.

European Union, 2023 Source: EC – Audiovisual Service
In questa lotta tra democrazie e regimi autoritari, ha detto a Kiev la Presidente Von der Leyen, “si gioca il futuro del nostro continente”, – e ha aggiunto – “l’UE sosterrà il popolo ucraino contro la guerra per tutto il tempo necessario”. Il famoso “as long as it takes” – che sembra ormai diventato il tratto distintivo dell’UE – non servirà questa volta ‘solo’ a sostenere l’eurozona, ma a salvaguardare il nostro fragile e imperfetto sistema di governance internazionale.
A cura di Filippo Virdia