“Slow NEWS. Un documentario militante”: il 28 gennaio al Teatro di Meano
Venerdì 28 gennaio alle 20.45 al Teatro di Meano sarà proiettato il documentario “Slow News. Un documentario militante” diretto da Alberto Puliafito e prodotto da Fulvio Nebbie.
La Fondazione Antonio Megalizzi sarà presente e insieme all’Associazione H20+ e VAIA guiderà la visione del documentario approfondendone la tematica trattata.
Alberto Puliafito nel suo documentario ci porta attraverso l’Europa e gli Stati Uniti alla scoperta dei principali attori dello “slow journalism”, la rivoluzione che sta interessando il mondo dell’informazione, approfondendo le motivazioni che li guidano e i principali problemi che si trovano ad affrontare.
Ma che cos’è lo slow journalism?
Lo Slow Journalism è un movimento internazionale di giornalisti liberi e autonomi che, come dicono i fondatori italiani di “Slow News” e autori del documentario, vuole dare una risposta alla crisi in cui oggi versa il giornalismo tradizionale.
Qual è questa crisi?
Oggi Il giornalista è soggetto alle dinamiche di mercato e dei social media: le notizie devono essere riportate in maniera sempre più eclatante per attirare l’attenzione del lettore/cliente con il rischio che siano superficiali, notizie effimere che abbiano valore solo nell’immediato. Quello che sembra essere richiesto al giornalista, oggi, è di attirare una reazione automatica, un “like”, un “click”, che subito dopo diventano obsolete, superate istantaneamente da qualche altro evento da segnalare più che raccontare. Il lettore è soggetto a un’eterna breaking news che non accresce la sua consapevolezza né informazione, al quale viene strappato per un secondo un sorriso o una smorfia di indignazione.
Quindi, che siano i social media ad aver minato il buon giornalismo? Ad aver snaturato il giornalismo, portandolo a non perseguire più l’obiettivo di essere al servizio delle persone, ma ad inondarle di informazioni sensazionalistiche se non fake poco approfondite? Giovanni De Mauro, Direttore di Internazionale, intervistato nel documentario, fa una riflessione interessante:
“Siamo passati a dire che Twitter e i social media hanno creato Obama e la Primavera Araba a demonizzare perché producono Trump e i populismi, attenzione perchè sempre di quello stiamo parlando”.
Il movimento “Slow News” promuove un percorso di innovazione del giornalismo, senza tuttavia rinnegare i social media, anzi vuole recuperare le buone pratiche del giornalismo adattandole al mondo digitale. Si propone come obiettivo quello di staccare l’informazione dalla logica dei clickbait, promuovendo un giornalismo, che potremmo definire etico, perché mira alla diffusione di notizie che approfondiscano gli argomenti trattati, basate su dati e fonti verificate, che non facciano leva sull’emotività del lettore e diano un valore aggiunto.
Queste appena elencate sono solo alcune delle caratteristiche che un articolo slow news deve avere per essere definito tale. Alla domanda: perchè sentire l’esigenza di sostenere il movimento “slow news”, la risposta è tanto semplice da sembrare banale, un giornalismo forte e indipendente permette di avere una democrazia forte.
Alla domanda: perchè sentire l’esigenza di sostenere il movimento “slow news”, la risposta è tanto semplice da sembrare banale, un giornalismo forte e indipendente permette di avere una democrazia forte. Una filosofia che la Fondazione Antonio Megalizzi, che ha come fine quello di contribuire a creare una cittadinanza europea consapevole, informata e partecipativa, non può che sposare.
A cura di Maria Chiara Borghesi