Next Generation EU: Resilienza Europea e Genesi di un Debito Sostenibile

Mar 9, 2022 | News

Premessa

Era il marzo del 2020 quando la pandemia da Covid-19 ha fatto breccia nella Fortezza Europea e nella nostra penisola. La letalità del virus e la sua elevata contagiosità hanno cambiato la nostra quotidianità con spietata velocità, dando vita ad una nuova normalità dettata dalla prevenzione sanitaria. Se il tasso di mortalità è stato protagonista della prima fase della pandemia, la crisi sanitaria si è rapidamente accompagnata a una crisi economica che ha ulteriormente rallentato l’economia di un continente già in stagnazione decennale. La chiusura parziale o totale delle attività ha determinato la riduzione dei beni e dei servizi europei non fondamentali sull’intero territorio europeo e il fallimento di numerose imprese. Da un giorno all’altro, ricercatori, finanzieri, dipendenti pubblici, negozianti, proprietari agricoli hanno assistito a un’interruzione forzata delle attività lavorative.

La riduzione del prodotto ha colpito indistintamente dipendenti e datore di lavoro. A livello macroscopico, tutti i datori di lavoro e i dipendenti in questo modo colpiti, sono a loro volta non solo produttori, ma anche consumatori. E chi da un lato produce di meno, incassa di meno, ed è portato a consumare di meno e ad acquistare meno beni e servizi. Chi d’altro canto dispone del reddito per consumare e si trova confinato nelle mura domestiche, si vede costretto a modificare il modo in cui consuma o a sospendere l’acquisto di beni non necessari. 

La diminuzione di beni e servizi prodotti si sovrappone all’abbassamento forzato della propensione al consumo, creando il fenomeno del doom loop – la “spirale del fato”. Tale fenomeno riprende l’etimologia della parola crisi, che in greco designa  un momento difficile in cui è necessario fare una scelta precisa. Le parole di Jean Monnet, padre fondatore europeo, valgono oggi più che mai: ‘’L’Europa si farà nelle crisi e rappresenterà la somma delle soluzioni a queste crisi’’. Momenti come la crisi della sedia vuota, la fine della guerra fredda, le conseguenze della crisi finanziaria, ed ora la crisi sanitaria ed il doom loop, hanno portato e porteranno gli Stati europei a voler cooperare nell’ottica di una risoluzione più efficace e comune.

Dalle parole di Jean Monnet deriva il concetto di resilienza europea. Concetto che la Commissione europea definisce come “l’abilità di affrontare shock persistenti e strutturali di natura economica, sociale e ambientale in una maniera equa, sostenibile ed inclusiva“. La definizione è ancorata all’articolo 2 comma 5 del regolamento 241/2021 della Commissione, che sancisce la risposta dell’Unione Europea alla crisi odierna, basata sulla prosperità delle nuove generazioni – o Next Generation EU (NGEU). 

La resilienza è ciò che ha permesso all’Europa e ai suoi Stati membri di cambiare strutturalmente la propria risposta dinanzi alle crisi di ieri e oggi per emergere più coesa nelle avversità. Se nel 2008 l’Unione ha risposto alla crisi finanziaria di ieri con misure di austerità, introducendo piani di tagli alla spesa pubblica e un contingentamento della previdenza sociale nei diversi Stati membri, il NGEU riflette una corrente di pensiero diametralmente opposta, frutto di una evoluzione critica. Il pensiero economico di riferimento è riconducibile all’economista John Maynard Keynes, che riteneva che ad una contrazione dei consumi e del prodotto lo Stato dovesse intervenire per stimolarlo e fermare la spirale recessiva, oggi incarnata dal doom loop. In questo contesto, il NGEU rappresenta uno stimolo alla spesa aggregata senza precedenti ed il possibile inizio di una condivisione sovranazionale del debito da parte degli Stati membri.

 

Next Generation EU: la genesi di un debito sostenibile

Il Next Generation EU (NGEU) istituisce un importante fondo, associato al dispositivo della ripresa e resilienza che aggiunge 750 miliardi di euro ai 1074 miliardi già stanziati dal bilancio pluriennale dell’UE per il settennato 2021-2027. Il NGEU finanzia i piani di ripresa e resilienza dei 27 Stati Membri con una contabilità simile a quelle politiche di coesione europee. Per finanziare questi fondi, la Commissione europea ha emesso titoli di debito sui mercati finanziari. La commissione può agire così grazie all’articolo 174 del Trattato sull’Unione europea che permette di allocare fondi aggiuntivi, come fece già nel 2015 per il piano Juncker.
La figura ci descrive in dettaglio i fondi che compongono il NGEU per la somma di 750 miliardi di euro di finanziamenti. Il 10% dei fondi sono ricavati dal Quadro Finanziario Pluriennale, ovvero il bilancio standard 2021-2027. Tra i vari dispositivi del NGEU, il fondo più importante appartiene al Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (DRR) di 672,5 miliardi di euro, rispettivamente divisi in due diversi conti correnti da 360 miliardi di euro da erogare in prestiti, e 312,5 miliardi di finanziamenti a fondo perduto.

Questi ultimi sono dei prestiti di denaro che non prevedono l’obbligo di restituzione e non richiedono né un garante né un collaterale per l’esborso. L’utilizzo di questi ultimi simboleggia chiaramente la virata di pensiero economico dell’Unione, più orientato alla spesa che alla restituzione del denaro. 

 Il DRR ha sia lo scopo di promuovere investimenti che rilancino l’UE sia l’obiettivo di proporre riforme che aumentino la sostenibilità e resilienza delle singole economie europee. L’erogazione degli investimenti è subordinata alla redazione da parte di ogni Stato membro che implementa un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Tale programma propone investimenti in alcune flagship areas, ovvero settori economici concordati con la Commissione: dalla transizione energetica a quella digitale, fino alle politiche di inclusione. Il dispositivo ripartisce i finanziamenti agli Stati membri, stabilendo che questi redigano un PNRR che racchiuda investimenti e riforme nei vari settori economici desiderati, sopracitati. Le modalità di accesso ai finanziamenti sono disegnate in modo che il debito contratto dai vari Stati membri verso la Commissione sia sostenibile, ovvero che il montante preso a prestito sia speso efficacemente e foriero di sviluppo economico a lungo termine.  La Commissione ha infatti ideato il sistema di esborso dei finanziamenti agli Stati membri in maniera tale da incentivare il più possibile l’efficienza nel raggiungimento di varie missioni,  alla realizzazione delle quali si subordina il pagamento dei finanziamenti. Su tale linea gli Stati membri dovranno prima finanziare di tasca propria i progetti in base agli obiettivi che si sono prefissati nei PNRR; solo a seguito della realizzazione degli obiettivi, la Commissione potrà erogare il rimborso in maniera proporzionale al raggiungimento di obiettivi e traguardi. Gli Stati membri che hanno usufruito del piano e redatto un PNRR sono 21 su 27, tra cui l’Italia, il cui PNRR è stato approvato il 13 Luglio 2021 con la decisione di esecuzione del Consiglio dell’Unione.

L’accesso ai Fondi: Il PNRR Italiano come esempio

Facciamo l’esempio dell’amministrazione italiana. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) italiano consta di un finanziamento di 191,5 miliardi di euro versato in due conti correnti del Fondo di Rotazione istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF). Questo fondo è stato istituito sul solco del regolamento 241/2021 tramite Decreto Legge 77/2021, che crea il dispositivo di ripresa e resilienza ed i conti correnti in seno al MEF. Il dispositivo di ripresa e resilienza è stato recentemente esaminato dalla task force istituita dalla Commissione europea nel rispetto di undici condizioni,  tra cui:

1. l’inquadramento dei fattori più importanti alla base degli squilibri macroeconomici del Paese;

2. la devoluzione del 37% della spesa del PNRR ad investimenti relativi alla transizione energetica ed il 20% di essi allocati alla transizione digitale;

3. la presenza di un meccanismo di gestione, rendicontazione e controllo interno che certifichi la fondatezza delle curve di previsioni di costo. La normativa inerente a quest’ultimo è stata emanata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) il 10 Febbraio 2021, la quale istituisce il Sistema di Gestione e Controllo (SiGeCo). 

Il PNRR si articola in sei missioni che racchiudono altrettanti macro temi, che hanno come modalità di attuazione riforme ed investimenti specifici. Le riforme implicano dei cambiamenti strutturali della società, sia tecnologici, sia socio-economici tesi a migliorare le condizioni ed il contesto normativo. Gli investimenti sono i finanziamenti degli obiettivi quantitativi precisi.

I metodi di attuazione hanno determinate modalità di scadenza che si suddividono in milestone e target. Le milestone sono obiettivi qualitativi che mettono i vari paesi nella posizione di poter conseguire un certo principio ispiratore, come l’emanazione di un atto normativo. I target sono obiettivi quantitativi all’interno di un investimento che i paesi devono dimostrare di aver raggiunto. 

La visione della Commissione riguardo alle modalità di erogazione dei fondi è estremamente innovativa, poiché l’esborso non è più legato, come i tradizionali fondi di coesione europei, al rimborso delle voci di spesa depositate dall’Italia presso la Commissione.

Quest’ultima non implica solamente che l’Italia dichiari di aver raggiunto target e milestone, ma esige di controllare effettivamente la realizzazione di tutti gli obiettivi prima di effettuare il rimborso. La strategia permette di evitare dinamiche tradizionali di spesa inefficiente e poco trasparente dei fondi per tutti gli Stati membri dell’UE.

La Commissione dà priorità assoluta alla transizione ecologica e al digitale a cui ogni Stato deve indirizzare rispettivamente non meno del 37% e del 20%.

In conclusione, il piano incide sul ciclo economico attuale e sul PIL potenziale, ossia sul livello di PIL massimo raggiungibile stabilmente da un sistema economico nel lungo periodo. Come afferma Carlo Altomonte, professore di Economia politica alla Bocconi di Milano, il piano si distingue dal finanziamento di 1.900 miliardi approvato da Biden in quanto l’erogazione dei fondi si smaltisce nell’arco di sei anni. «È una visione un po’ diversa: per gli USA tutto subito e poi nulla dal 2022 in poi. Nel caso della UE si procede con più calma – spiega Altomonte – La scommessa è che le nuove generazioni possano ripagare il debito con un’economia più forte. Ecco perché i piani devono essere così precisi».

A cura di Davide Orsitto e Valentina Buccarelli

 

 

 

 

 

Bibliografia

 

 

 

Governo Italiano. (2021). Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

 

 

 

E. Marelli, M. Signorelli. Politica Economica: Le Politiche nel Nuovo Scenario Europeo e Globale. Giappichelli Editore.(2019) p. 107-120

 

Lionello, L. (2020). Next Generation EU: has the Hamiltonian moment come for Europe? in Eurojus. Fascicolo n. 4. Fonte: http://rivista.eurojus.it/wp-content/uploads/pdf/lionello-nextgen.pdf

 

 

 

Parlamento Europeo, Consiglio Europeo. (2021). Regolamento 241/2021 in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.

 

 

 

Presidenza del Consiglio dei Ministri. (2021). Decreto Legge 77: Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure. in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.