La risoluzione europea sui diritti umani in Egitto

Gen 22, 2021 | News

Lo scorso 18 dicembre il Parlamento europeo ha approvato una Proposta di Risoluzione Comune relativa al grave deterioramento della situazione dei diritti umani in Egitto, che potrà essere discussa in sede di Consiglio Affari esteri, il 25 gennaio 2021.

Il testo, approvato con 434 voti a favore, 49 contrari e 202 astenuti,  prende le mosse dal caso di tre attivisti dell’organizzazione “Egyptian Initiative for Personal Rights” (EIPR), i quali dopo aver incontrato, lo scorso novembre, 13 ambasciatori e diplomatici stranieri, sono stati arrestati dalle forze di sicurezza egiziane e accusati di terrorismo e di reati di sicurezza nazionale.

Sono trascorsi esattamente 10 anni dall’inizio della Primavera araba che, scoppiata originariamente in Tunisia, si diffuse ben presto anche in Egitto, portando alla capitolazione del regime di Mubarak. Questo avrebbe dovuto costituire un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e, invece, la situazione ha preso una piega inaspettata. Il potere, andato prima in mano ai Fratelli Musulmani e poi, dopo un colpo di Stato seguito da elezioni democratiche, ad Abdel Fattah al-Sisi, si è andato irrigidendo e nel corso di un decennio, ha ulteriormente impoverito la popolazione, ridotto al silenzio i media,  inasprito le norme e represso ogni forma di dissenso.

Risoluzione del Parlamento europeo del 18.12.2020

«La situazione dei diritti umani in Egitto ha continuato ad aggravarsi, dal momento che le autorità hanno intensificato le repressioni nei confronti della società civile, dei difensori dei diritti umani, degli operatori sanitari, dei giornalisti, dei membri dell’opposizione del mondo accademico e degli avvocati, e continuano a reprimere sistematicamente e brutalmente qualsiasi forma di dissenso, compromettendo in tal modo le libertà fondamentali, in particolare le libertà di espressione, sia online che offline, e di associazione e riunione, il pluralismo politico, il diritto alla partecipazione agli affari pubblici e lo Stato di diritto».

Eppure, la Carta Costituzionale egiziana riporta, all’articolo 52, il divieto di tortura in ogni sua fase e tipo, mentre l’articolo 93 della stessa Carta, verte sul carattere vincolante del diritto internazionale in materia di diritti umani. In linea con questi due articoli troviamo anche l’articolo 73, concernente il diritto alla libertà di riunione. Risulta, dunque, evidente la manifesta violazione dei diritti umani sanciti dal diritto internazionale da parte dal governo di Abdel Fattah al-Sisi. In meno di due settimane dal suo insediamento, le forze di sicurezza governative hanno ucciso 800 sostenitori di Morsi in un solo giorno. Al-Sisi gode di un consenso parlamentare pieno, mentre gran parte degli oppositori si trova in carcere. Le Agenzie di sicurezza sono tutte fedeli al Presidente ed esercitano un’influenza smisurata. Possiedono mezzi di informazione, si muovono nel mondo degli affari, controllano strade e canali informatici, soprattutto i social network. Questo rende l’Egitto un posto molto pericoloso per i critici del regime. A tal proposito, Amnesty International denuncia “un agghiacciante aumento delle esecuzioni”. Si tratta di esecuzioni particolarmente cruente, alcune delle quali precedute da processi di massa gravemente iniqui, con tribunali che fanno affidamento su confessioni estorte sotto tortura allo scopo di eliminare, con false accuse, chiunque sia ostile al regime o si batta per il rispetto dei diritti umani in Egitto.
Secondo quanto riportato da Amnesty International nei soli mesi di ottobre e novembre 2020, le autorità egiziane hanno giustiziato almeno 57 uomini e donne, quasi il doppio rispetto alle 32 esecuzioni registrate nel 2019, ma è molto probabile che si tratti di cifre sottostimate, in quanto le autorità egiziane non pubblicano statistiche sulle esecuzioni o sul numero di prigionieri relegati nel braccio della morte. Persino le famiglie dei detenuti e i rispettivi avvocati ne sono all’oscuro.

Un atteggiamento che giustifica l’incremento del numero di persone scomparse in Egitto, così come sono aumentate le torture e le esecuzioni extragiudiziarie. Un dato difficile da quantificare, dichiara Amnesty International, poiché le autorità egiziane mantengono il segreto, mentre le organizzazioni che si occupano della difesa dei diritti umani vengono sistematicamente indebolite e represse.

Ma c’è di più. La questione egiziana si lega a doppio filo con quella italiana.

Il 10 dicembre 2020, la Procura di Roma dichiara di disporre di prove inequivocabili sul coinvolgimento di quattro agenti delle forze di sicurezza egiziane nel rapimento e nell’omicidio di Giulio Regeni, pretendendo con ciò da Il Cairo di ottenere gli indirizzi di domicilio dei quattro agenti indagati. Venti giorni dopo, il 30 dicembre, la Procura egiziana risponde respingendo totalmente le accuse mosse dalla Procura di Roma, definendole come “errate, illogiche e illegali”.

Sebbene la Risoluzione europea sia stata emanata prima ancora di conoscere la reazione di Il Cairo alla Procura di Roma, per i deputati era facile intuire che il dialogo tra l’Italia e l’Egitto sarebbe stato lungo e complicato; pertanto mediante tale documento essi chiedono esplicitamente “all’Ue e agli Stati Membri di esortare le autorità egiziane a collaborare pienamente con le autorità giudiziarie italiane” sul caso di Giulio Regeni e di Patrick Zaki perché le istituzioni adottino “tutte le azioni diplomatiche necessarie”, ivi comprese misure sanzionatorie.
A tal proposito, è interessante notare come al punto 11 della Risoluzione, il Parlamento “ricorda che la ricerca della verità sul rapimento, sulle torture e sull’omicidio di un cittadino europeo non spetta soltanto alla famiglia, ma si tratta di un dovere imperativo delle istituzioni nazionali e dell’UE che richiede l’adozione di tutte le necessarie azioni diplomatiche”.

Ricordiamo che, secondo quanto previsto dall’art. 225 del Trattato sul  Funzionamento dell’Unione europea, la Risoluzione non è un atto giuridicamente vincolante. Risulta dunque evidente che, mediante tale documento, il Parlamento europeo intenda lanciare un chiaro messaggio politico alle altre istituzioni dell’Ue e agli Stati membri, perché prendano una posizione ferma nei confronti dell’Egitto, schierandosi al fianco dell’Italia, nella richiesta di verità per la morte di Giulio Regeni e riguardo alla liberazione immediata di Patrick Zaki.  

Quest’ultimo, giunto a Bologna mediante il Programma Erasmus Mundus, è stato arrestato ingiustamente durante il periodo di ricerca in Europa; la sua detenzione viene descritta dalla Risoluzione come una minaccia ai valori europei, pertanto si esorta la richiesta di scarcerazione immediata non  solo negli interessi del giovane studente, ma anche nell’interesse della comunità europea per i valori che essa rappresenta.
Vi è un ulteriore aspetto da considerare.

Punto 12 e 13 del Preambolo

Il Parlamento europeo «rileva che l’Egitto è un partner importante per l’Unione europea e i suoi Stati membri in un’ampia gamma di settori, tra cui il commercio, la sicurezza, la lotta al terrorismo internazionale e i contatti interpersonali; sostiene le aspirazioni del popolo egiziano di creare un paese libero, stabile, prospero, inclusivo e democratico che rispetti la propria legislazione nazionale e internazionale in materia di tutela e progresso dei diritti umani».

A rafforzare maggiormente questa posizione è il punto 13 mediante il quale il Parlamento europeo «ricorda alle autorità egiziane che il rispetto dei diritti umani e delle libertà  fondamentali costituisce un elemento essenziale delle relazioni tra l’UE e l’Egitto e che lasciare spazio alla società civile è un impegno comune sancito dalle priorità del partenariato UE-Egitto, come previsto dalla Costituzione egiziana»

Malgrado ciò, gli interessi economici e strategici con l’Egitto sembrano aver costituito un forte deterrente ad una ferma presa di posizione degli Stati membri.

In ultimo, il Parlamento invita l’Ue e gli Stati membri ad assumere un ruolo guida in occasione della prossima sessione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, “al fine di istituire un meccanismo di monitoraggio e segnalazione delle gravi violazioni dei diritti umani in Egitto”, ovvero un’indagine indipendente e trasparente su quanto accade in Egitto.

A che punto siamo?

Il 17 gennaio, l’udienza a carico di Patrick Zaki ha purtroppo prorogato per altri 15 giorni lo stato di detenzione del giovane. Malgrado si auspicasse in un esito diverso, durante il processo, erano presenti, oltre ad un funzionario dell’ambasciata italiana al Cairo, altri tre diplomatici appartenenti rispettivamente all’ambasciata francese, olandese e canadese. È accaduto che, su iniziativa dell’ambasciata italiana, si sia messo in moto il “meccanismo di monitoraggio processuale dell’Unione Europea”. Lo studente ha ringraziato i quattro diplomatici per  il sostegno dell’UE e dei rispettivi Paesi.
Una seconda vicenda riguarda, invece, la ricerca di verità per Giulio Regeni. Se per un verso l’Egitto respinge con forza le accuse mosse dalla procura di Roma, dall’altro, il Presidente Al-Sisi ha rimosso il generale dei servizi segreti Tareq Alì Saber dall’incarico di dirigente dell’ufficio di monitoraggio delle ONG, dei sindacati e delle organizzazioni politiche. Considerato uno dei maggiori responsabili delle torture e della morte di Giulio Regeni, dal 13 gennaio 2021 Saber è stato demansionato e spostato all’ufficio anagrafe. Secondo un’intervista rilasciata dal giornalista Giuliano Foschini, l’Egitto comincia a sentirsi isolato dalla comunità politica internazionale e soprattutto europea. Dopo che la magistratura italiana ha portato a conoscenza dell’opinione pubblica internazionale il fatto che il governo di Al-Sisi è in grado di sequestrare, torturare e uccidere liberamente, l’Europa non poteva più dire di non sapere nulla e fare finta di niente.

Tuttavia, è molto presto per tirare delle conclusioni. Senza una ferma presa di posizione da parte dell’Unione europea e di tutti i suoi Stati membri nei confronti dell’Egitto, sarà molto difficile sperare in un cambiamento.

A cura di Viviana Armenia