I PIANI UE SULLA FORMAZIONE AIUTANO CHI HA GIà UN LAVORO

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Se l’Europa vuole essere competitiva nelle ‘transizioni gemelle’, digitale e ambientale, deve tentare di prevenire costi sociali come quelli derivanti dalla disoccupazione. Infatti, il 2024 si è chiuso con un tasso di disoccupazione pari al 5.9% nell’Unione Europea, con quella giovanile che si conferma quasi al triplo (Eurostat, 2025). 

Sono anni – per alcuni stati, addirittura decenni – che i paesi membri e l’Unione Europea cercano soluzioni per rendere la disoccupazione meno gravosa sui conti pubblici, che significa fare in modo che i disoccupati possano in breve tempo recuperare un’occupazione.

I programmi di formazione possono aiutare sia a risolvere il problema della carenza di competenze, sia a offrire migliori opportunità alle fasce più deboli della forza lavoro, disoccupati e non solo. Giusto nel marzo dell’anno scorso, la Commissione Europea denunciava carenza di competenze diffusa in tutta l’economia (European Commission, 2024). E il piano d’azione proposto dalle istituzioni europee è chiaro: investire in formazione. Questo già lo si vedeva con le raccomandazioni del Consiglio risalenti al 2016 e al 2018. Si tratterebbe di conciliare sviluppo economico con maggiore uguaglianza, utilizzando le politiche di formazione come una forma di politica sociale. In quest’ottica, anche il piano d’azione di IndustriALL si propone di lottare per un maggiore coinvolgimento dei sindacati nella progettazione delle politiche di formazione. Un piano d’azione, quest’ultimo, che scade quest’anno e, purtroppo, i risultati ottenuti sono limitati. Infatti, i sindacati svolgono un ruolo secondario in molti paesi UE, soprattutto dove la contrattazione prende luogo al livello dell’impresa piuttosto che a livello industriale o centralizzato. A maggior ragione, i sindacati a livello UE riescono a fare poco in quanto i paesi sono autonomi nelle politiche di formazione. Vediamo più nel dettaglio.

 

Foto di Hugo Hercer da Pixabay

La sfida

La sfida che ci attende riguarda la messa in pratica del duplice obiettivo di fornire competenze al mercato e dare una seconda possibilità ai soggetti vulnerabili. L’entusiasmo UE si è scontrato con la sconfortante evidenza dei dati empirici. Ciò che maggiormente risalta all’occhio è la diversità dei tassi di partecipazione a programmi di formazione. Secondo i dati 2022 dell’Adult Education Survey (AES), si passa dal 74% della Svezia al 35% del nostro paese, con la Germania al 60%, la Francia al 51% e la Spagna al 49%.

Benché sia difficile stabilire con esattezza il perché di queste divergenze, il dibattito accademico, spronato innanzitutto dal premio Nobel Acemoglu con uno studio del 1999 e ribadito nel report Draghi dell’anno scorso, ha discusso come questi diversi tassi riflettano assetti istituzionali molto diversi all’interno dell’Unione Europea. Per la crescita economica, infatti, alcuni paesi investono in formazione da decine di anni: si veda, ad esempio, l’esperimento degli anni ‘50 di Rehn e Meidner in Svezia. Al contrario, i paesi mediterranei hanno iniziato a guardare con interesse a queste politiche solo nell’ultimo ventennio. Di conseguenza, i fondi a disposizione, l’interesse delle imprese e gli istituti stessi differiscono profondamente in Europa.

La sfida non finisce qui. Le differenze non emergono solamente tra paesi, ma anche entro ciascun di essi. Come suggeriscono i risultati del progetto EduLIFE condotto dallo European University Institute (EUI) e i lavori del centro di ricerca sociale di Berlino (WZB), chi trae beneficio dalle politiche per le competenze sono le persone che già godono di una posizione vantaggiosa nella società. Tra queste, figurano le persone con un titolo di studio elevato e chi svolge lavori cognitivamente impegnativi. Si vedano, a questo proposito, il progetto EduLIFE condotto dallo European University Institute (EUI) e i lavori del centro di ricerca sociale di Berlino (WZB).

 

E l’UE?

L’Unione Europea ha lasciato che i paesi potessero mobilitarsi autonomamente: è competenza degli stati membri dettare la linea in materia di formazione. L’agenda per le competenze per l’Europa si prefigge di raggiungere alcuni obiettivi entro quest’anno, che mirano ad aumentare la partecipazione dei gruppi sociali vulnerabili a programmi di formazione. I risultati migliorano progressivamente. Il fondo principale da cui derivano gli investimenti è il Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+), che sostiene l’attuazione del pilastro dei diritti sociali. 

Le istituzioni europee stanno incoraggiando i paesi membri a implementare politiche di formazione; allo stesso tempo, ogni paese membro intraprende liberamente la sua strada: le analisi capillari della Cedefop, che studiano il finanziamento e le politiche di formazione, riportano che i paesi si muovono principalmente in autonomia. Già l’anno scorso il report Draghi si chiedeva se l’Europa potesse fare di piu’ agendo a livello comunitario. La strategia che l’UE potrebbe adottare nel futuro è forse una maggiore orchestrazione, ossia una più marcata forma di coordinamento? Tenendo conto del percorso già compiuto da ciascun paese, potrebbe ridurre le divergenze tra paesi membri e permettere così di dare un valore politico europeo ai dati menzionati a inizio articolo ed estrapolarne una politica europea?

A cura di Giovanni Greco

Riferimenti 

 

  • Acemoglu, D., & Pischke, J. S. (1999). The structure of wages and investment in general training. Journal of political economy, 107(3), 539-572.
  • Agenda per le competenze per l’Europa. https://employment-social-affairs.ec.europa.eu/policies-and-activities/skills-and-qualifications/european-skills-agenda_en?prefLang=it
  • Cedefop. https://www.cedefop.europa.eu/en.
  • Council (2016). Recommendation of 19 December 2016 on Upskilling Pathways: New Opportunities for Adults.
  • Council (2018). Recommendation of 22 May 2018 on key competences for lifelong learning Text with EEA relevance.
  • EUI, EduLIFE: https://www.eui.eu/Projects/EduLIFE.
  • European Commission (2024). Communication from the Commission to the European Parliament, The council, the European Economic and Social  Committee and the Committee of the regions. Labour and skill shortages in the EU: an action plan.
  • Eurostat (2024).Adult Educatioin Survey, https://ec.europa.eu/eurostat/databrowser/view/trng_aes_100/default/table?lang=en&category=educ.educ_part.trng.trng_aes_12m.trng_aes_12m0.
  • Eurostat (2025). https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-euro-indicators/w/3-30012025-bp.
  • IndustriALL (2021). Action plan 2021-2025, IndustriALL Global Union.
  • WZB. https://wzb.eu/en/research/dynamics-of-social-inequalities/skill-formation-and-labor-markets