Europarola: Mercato
EuroParola è una rubrica a cura dei volontari e delle volontarie della Fondazione Antonio Megalizzi per spiegare in modo semplice le politiche europee a partire da una parola.
Il Mercato tra le ere
Il concetto di mercato ha origini antichissime, e risale agli albori della civiltà umana. Per la maggior parte dello sviluppo del genere umano, la parola mercato ha sempre significato, nella mente di chi lo pronunciava, il luogo all’aperto in cui si negoziava per la vendita e l’acquisto di determinati prodotti e si svolgeva quotidianamente il fulcro delle relazioni sociali della comunità. Il mercato era il luogo in cui si affollavano, spontaneamente e febbrilmente, tutti i giorni o in date prefissate collettivamente, compratori, venditori ed intermediari per effettuare transazioni commerciali relative a merci varie. Negoziazione dopo negoziazione, nel mercato si decidevano i prezzi dei beni, che non rappresentavano altro che il valore equilibrio tra la disponibilità a pagare e vendere delle parti per ogni singolo scambio.
Nella civiltà ellenica, il mercato era uno dei luoghi sociali d’incontro più importanti delle città-stato (polis), tanto che la parola ἀγορά (Agorà) si utilizzava sia per riferirsi alla piazza intesa come spazio pubblico di riunione ed associazione per la discussione di questioni politiche e religiose, sia per indicare il mercato, che per i greci era luogo scambio per i commercianti ambulanti e per i negozi locali. In epoca romana quel luogo spontaneo di celebrazione della quotidianità cittadina tramite gli scambi di ogni genere alimentare era denominato macellus – l’equivalente dell’odierno mattatoio. Il macellus viene, attraverso i secoli di formazione dell’Impero Romano, istituzionalizzato e strettamente regolamentato dallo stato, che ne decideva l’ubicazione, l’estensione, la specializzazione (macello del pesce, degli olii, dei beni di lusso del vino etc.) e la possibilità di svolgersi solo in alcuni precisi giorni della settimana. Da questa regolamentazione d’una associazione libera di scambio, nasce per la prima volta il concetto di ‘’mercatus’’ alla base della parola che utilizziamo oggigiorno.
Con l’avvento del capitalismo e della Rivoluzione Industriale, i mercati moderni arrivano a subire la prima, incommensurabile trasformazione dei propri connotati. L’avvento di nuove tecnologie di produzione e di una nuova mentalità imprenditoriale fece sì che i mercati tradizionalmente fisici che erano luoghi di scambio di produzioni agricole ed artigianali locali perdessero gradualmente la loro importanza di fronte alla crescente centralità delle fabbriche nella produzione di massa, i cui articoli standardizzati, beni e servizi seguono una più strutturata catene di valore industriale (negozio all’ingrosso – negozio specializzato).
Si affiancano ai mercati fisici allora le prime borse, luoghi di scambio di beni intangibili finanziari come titoli e obbligazioni. Se le borse diventano gradualmente il centro degli scambi finanziari, queste sono luoghi molto più anonimi ed impersonali, destinati a personale altamente specializzato nei prodotti finanziari in cui le transazioni avvengono a velocità senza precedenti grazie all’utilizzo di strumenti tecnologici avanzati.
Dalla rivoluzione industriale in poi, la nascita dell’economia come scienza che studia i processi decisionali degli individui, imprese, governi ed altri portatori di interessi nell’utilizzo di risorse scarse per soddisfare bisogni e desideri, ha ampliato il significato della parola mercato, introducendo il concetto più astratto di luogo ideale degli scambi in cui domanda e offerta. Questi due termini riuniscono l’insieme dei venditori di un bene o servizio, che si incontrano con i compratori ed operano la transazione di compravendita con moneta legale, che stabilisce il prezzo della compravendita. Il prezzo di mercato non è altro che il valore di equilibrio di disponibilità a pagare del compratore e a vendere del. La teoria economica contribuisce a raffinare il concetto di perfezione del mercato, ovvero quanto un determinato mercato regoli la concorrenza dei venditori e la protezione dei consumatori in modo da organizzare un’offerta equilibrata che si incontri alla domanda. Un mercato è perfetto se presenta un grande numero di compratori e venditori, tutti perfettamente informati su valore e caratteristiche delle merci. Date queste caratteristiche, la concorrenza è molto forte e i prezzi si adattano rapidamente ai cambiamenti della domanda e dell’offerta.
La genesi del Mercato Unico Europeo: Dalle Comunità all’Unione
L’accezione contemporanea della parola mercato ha dettato le fondamenta del lento ma costante processo di integrazione europea alla fine della Seconda Guerra Mondiale. La creazione di un mercato comune volto all’abbattimento delle barriere allo scambio equo e concorrenziale delle merci tra gli stati europei ha permesso a sei paesi pionieri (Benelux, Francia, Germania, Italia) di muovere i primi passi verso l’Unione Europea che conosciamo oggi. Se il mercato comune inizialmente aveva come obiettivo la rimozione delle barriere agli scambi sulle fonti di approvvigionamento energetico e siderurgico tra i sei paesi fondatori, lo stesso si sarebbe poi perfezionato ed ampliato alla fine della Guerra Fredda con la caduta progressiva del comunismo. Da Mercato comune, il processo di liberalizzazione delle merci, servizi e beni lo avrebbe reso Mercato Unico, ovvero lo spazio europeo in cui da un lato si attua una forte disciplina della libera concorrenza (antitrust), e dall’altro si rimuovono tutte le barriere doganali a certi beni e servizi chiave per realizzare le quattro libertà di movimento (libera circolazione di individui, merci, capitali e pagamenti, e servizi).
Dopo la devastazione che ha colpito l’Europa intera, la necessità di ricostruzione post-bellica del continente e la ripresa economica hanno dovuto intersecarsi pragmaticamente con un meccanismo di contenimento delle tendenze bellicose della Germania che potesse essere la risultante di un comune interesse di stati che sino al giorno prima avevano combattuto guerre economiche, ideologiche e sui campi di battaglia. Per questo motivo, le necessità di ricostruzione e di integrazione dovevano passare per un delicato vaglio diplomatico degli Stati europei, estremamente riluttanti a cedere parti di sovranità o competenza in aree di politiche chiave quali la difesa, la sicurezza nazionale, oppure la politica fiscale, la politica estera e l’immigrazione.
Trattato di Parigi – © European Union
Fu così che la diplomazia francese usò la parola mercato come termine chiave di una strategia sostenibile dell’integrazione europea. Nel 1950 Jean Monnet, un funzionario francese di primo livello e consigliere economico di numerosi governi, e Robert Schuman, ministro degli Esteri francese, proposero l’abolizione delle barriere ai commerci transfrontalieri per i mercati del carbone e dell’acciaio attraverso la costituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) in un discorso che sarebbe passato alla storia come dichiarazione Schuman. Nelle parole dello stesso Schuman ‘’Il governo francese propone di concentrare immediatamente su un punto limitato ma decisivo … quello di mettere l’insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità, nel quadro di un’organizzazione alla quale possono aderire gli altri paesi europei’’. La solidarietà di una produzione posta sotto un’Alta Autorità indipendente, secondo il governo francese, sarebbe stato lo strumento più potente per garantire che qualsiasi guerra tra Francia e Germania diventasse materialmente impossibile. Per far accettare la proposta, Monnet e Schuman cercarono il sostegno di altri leader europei, come Konrad Adenauer della Germania, Alcide De Gasperi dell’Italia e Paul-Henri Spaak del Belgio. Insieme, questi leader promossero la CECA come una soluzione per la ricostruzione post-bellica dell’Europa e per la prevenzione di futuri conflitti. Dopo serrate negoziazioni, la proposta fu accettata tramite stipula del Trattato di Parigi del 1951 che istituì la CECA da parte dei sei membri fondatori dell’Europa come la conosciamo oggi: il Belgio, la Francia, la Germania Occidentale, l’Italia, il Lussemburgo e i Paesi Bassi.
I mercati del carbone e dell’acciaio furono solo il primo tassello di un’integrazione molto più ampia che si estendeva ai mercati dell’energia atomica, dell’industria, dei trasporti, della politica commerciale. Così, il trattato di Roma del 1957 riprese il concetto di mercato comune nel proprio art.2, definendolo lo strumento principale del raggiungimento dei suoi fini. Se il mercato comune è il mezzo che le Comunità europee si sono date, i fini menzionati sono molto simili ai principi ispiratori della costituita Unione europea – ovvero – ‘’uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello di occupazione e protezione sociale, la parità tra uomini e donne, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un alto grado di competitività e di convergenza dei risultati economici, un alto livello di protezione dell’ambiente ed il miglioramento della qualità di quest’ultimo’’.
Il Trattato di Roma affiancò alla CECA, altre due Comunità europee: quella dell’energia atomica (Euratom), che avrebbe dettato un’integrazione profonda nell’approvvigionamento dell’energia atomica a fissione e a fusione, all’epoca considerata la fonte più importante del futuro, e la Comunità economica europea (CEE), che prevedeva la creazione di un mercato comune per i settori dell’agricoltura e dell’industria. Con la CEE, si delineavano i primi tratti del mercato europeo che conosciamo oggi, basato sull’abolizione di pratiche discriminatorie, come sussidi pubblici e altre politiche industriali, che inficiano le quattro libertà di circolazione. A regolamentazione ‘’antitrust’’ dei mercati delle comunità, nasceva la Commissione europea, mentre il Consiglio dei ministri aveva il compito di dare impulso politico alle politiche commerciali comuni. Il Trattato di Roma generò integrazione economica nel settore agricolo mediante la creazione politica agricola comune (PAC) nel 1962, e con lo scoppio della crisi della sedia vuota nel 1965 e la sua risoluzione nel 1966, comportò la riduzione progressiva delle tariffe doganali e l’eliminazione delle restrizioni quantitative sui prodotti industriali e creasse un mercato di libera concorrenza per il settore dei trasporti inter-statali.
L’ultimo passo dell’integrazione economica europea passa per le frammentate Comunità di diversi mercati e le trasforma in un Mercato Unico o ‘’interno’’, ovvero un sistema-paese europeo che abolisce le barriere doganali, disciplina severamente distorsioni alla concorrenza come politiche industriali nazionali, gli aiuti di stato ed i sussidi alle imprese in una vasta gamma di industrie, tra cui l’agricoltura ed alimentazione, i prodotti chimici e farmaceutici, i dispositivi elettronici, le auto ed altri beni di consumo durevoli, i servizi di trasporto e finanziari. Il mercato interno nasce a Bruxelles il 17 Febbraio 1986 sotto la presidenza di Jacques Delors alla Commissione europea quando i vari capi di stato dei paesi membri delle Comunità europee firmano l’Atto unico europeo, con l’opposizione iniziale, poi sanata, del governo britannico. Questo documento stabilisce l’intento di creare uno spazio senza frontiere interne in cui le quattro libertà, frammenti embrionali di una crescente cittadinanza europea, sarebbero state preservate in tutto lo spazio comunitario entro la fine del 1992. L’Atto Unico Europeo ha preparato il terreno per la creazione dell’Unione Europea vera e propria, simile a quella che conosciamo noi. Il 7 febbraio 1992 i capi di stato degli allora 12 paesi membri delle Comunità, tra cui Jean-Claude Juncker per il Lussemburgo, il Cancelliere tedesco Helmut Kohl, il presidente della repubblica francese François Mitterand ed il presidente del consiglio Giulio Andreotti, realizzano le disposizioni dell’Atto unico europeo, istituendo l’Unione europea, basata su tre pilastri e che prevede l’istituzione di uno spazio di libero scambio per i servizi e le persone ed una politica sia economica che monetaria comune. Nel 1999. l’introduzione dell’euro quale moneta comune di tutti i paesi dell’area euro segna una cesura di integrazione economica.
Ad oggi, la parola mercato nell’Unione europea è ancora cambiata, assieme alle fondamenta normative e politiche dell’Unione europea stessa. Quest’ultima ha subito dal 2004 al 2007 un rallentamento e cambiamento del livello di integrazione a seguito della risposta negativa delle popolazioni francesi ed olandesi all’adozione della bozza di una costituzione europea proposta dalla Convenzione Europea. Il 29 Maggio 2005, l’elettorato francese vota per il referendum avallato dalla presidenza di Jacques Chirac al 55% contro l’adozione della bozza di trattato costituzionale europea; questa decisione viene riecheggiata voto contrario ad un referendum simile da parte del popolo olandese, che al 61,5% respinge il trattato. La posizione dei popoli francesi ed olandesi rappresenta all’epoca una cesura per il processo di integrazione europea, che alla fine del Giugno 2005 decide di sospendere l’approvazione del trattato costituzionale e di optare per una strada alternativa e meno incisiva, che modifica i trattati di Maastricht invece che sostituirli, conclusasi alla firma del trattato di Lisbona nel dicembre 2007.
A seguito della prima crisi finanziaria dei debiti sovrani e dell’epidemia di Covid-19, il mercato europeo ad oggi ha iniziato già a muovere le prime distanze rispetto al concetto di mercato liberal-capitalista del 20esimo secolo delle quattro classiche libertà per i settori principali dell’economia classica, e si occupa ad oggi della creazione di un mercato singolo europeo per la condivisione delle risorse finanziarie tramite l’emissione di un debito europeo comune, della regolamentazione di un Mercato Unico Digitale che presenti una legislazione estremamente sviluppata sulla tutela dei dati personali e della proprietà intellettuale e dell’implementazione ed integrazione è un mercato di prodotti finanziari legati alle emissioni inquinanti (Emission Trading System).
Appare quindi estremamente interessante come la parola mercato sia evoluta in maniera esponenziale a seguito della rivoluzione industriale, acquisendo numerosi significati e modalità di costituzione che dipartono da quello originario di spazio aperto per lo scambio spontaneo di beni e servizi. Se dai grandi mercati nelle piazze si è gradualmente passati agli specializzati mercati finanziari (borse) e alle catene di valore industrializzate, così ciò che doveva inizialmente essere un’integrazione limitata ai settori siderurgici si è espansa progressivamente fino a divenire un unico spazio commerciale per una quantità di settori sorprendente. La parola mercato, così come lo scambio alla base di esso, sembra prendere forme diverse e significati diversi parallelamente allo sviluppo tecnologico che permette differenti modalità di scambio. Così come il concetto di mercato cambia sia semanticamente, che teoricamente, che fisicamente, così anche la concezione di un mercato unico europeo evolve rapidamente, rimanendo un perno saldo di integrazione dell’Unione.
A cura di Davide Orsitto