UE-Elezioni: E ora?
UE-LEZIONI È UNA RUBRICA REALIZZATA DAI VOLONTARI DELLA FONDAZIONE ANTONIO MEGALIZZI PER PREPARARCI ALLE ELEZIONI EUROPEE 2024. UN PERCORSO A TAPPE PER CAPIRE FACILMENTE PERCHÉ VOTIAMO, PER CHI VOTIAMO, COME VOTIAMO E COSA SUCCEDERÀ DOPO IL VOTO.
All’indomani di uno dei più grandi esercizi democratici del mondo, la proclamazione attesa dei 720 membri del Parlamento europeo avverrà il prossimo 16 luglio con una sessione plenaria che celebrerà l’inizio della nuova legislatura. Ma da chi sarà composta la nuova maggioranza europea? È legittimo dire che la destra radicale ha conquistato Strasburgo e Bruxelles?
Questa tornata elettorale europea ha acceso un ricco dibattito sia sul futuro dell’integrazione europea sia sulle politiche nazionali. Questo perché le elezioni europee operano dai loro albori su due piani distinti: da un lato, i cittadini esprimono la loro opinione sull’integrazione europea. Dall’altro, i risultati elettorali rappresentano un indice della popolarità dei politici nazionali e del gradimento dei cittadini verso i governi in carica. La prevalenza di dinamiche nazionali solitamente interessa i paesi più popolosi dell’UE, mentre nei paesi demograficamente più piccoli, le elezioni europee tendono ad assumere un significato più orientato verso l’integrazione europea.
Oggi, dalle urne europee emergono tante numerosi dati significativi. Primo tra tutti è l’avanzamento dei partiti di estrema destra in alcuni paesi nevralgici dell’Unione europea come Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Belgio. Benché questo fenomeno abbia indebolito la maggioranza di centrodestra che ha eletto la Commissione von der Leyen cinque anni fa, questa resta ancora potenzialmente in grado di governare nel Parlamento europeo. Ciò è dovuto al fatto che la maggioranza degli stati europei sono per la prima volta in controtendenza con i paesi che influenzano notevolmente l’indirizzo politico della UE come la Francia, Germania e Italia. Il parlamento europeo è ad oggi formato da 720 seggi: per governare, una nuova Commissione von der Leyen ne necessiterebbe di più di 361. Nonostante il crollo subito dalle forze liberali, la coalizione tra Conservatori (EPP), Socialisti (S&D) e Liberali si attesterebbe 399 seggi a patto che non ci siano altre defezioni. Infine, elemento critico di queste elezioni è stato il tasso di partecipazione particolarmente basso in alcuni Paesi, che simboleggia il grado di sfiducia che alcuni elettori provano per le istituzioni e la democrazia europea.
Figura 1 – Tasso di Partecipazione Elettorale Nazionale vs Media UE
Fonte: Turnout | 2024 European election results | European Parliament (europa.eu) Manipolazione dei dati dell’Autore
Una partecipazione a più velocità
Il crescente spostamento a destra di Francia, Germania e Italia sembra legato anche all’affluenza alle urne, in calo per i tre paesi rispetto alla media europea. La bassa affluenza alle urne si misura mediante il tasso di partecipazione, che conta la percentuale di elettori che vanno a votare sul totale degli elettori aventi diritto. La figura qui sotto mostra il tasso di partecipazione elettorale per i tre paesi e la media dei 27 paesi dalle prime elezioni del Parlamento europeo nel 1979 ad oggi. Può notarsi che la media dell’affluenza alle urne nell’UE è diminuita di 10 punti percentuali nelle elezioni tra il 1979 ed il 1999, stabilizzandosi successivamente intorno al 60%.
In queste elezioni del 2024, il tasso di partecipazione in UE è diminuito 0,6% rispetto al, passando dal 62,45% al 61,465%. Eclatante è il calo costante dell’affluenza alle urne in Italia, un paese storicamente coinvolto sopra la media nelle elezioni europee. Dal tasso iniziale del 85,65%, la partecipazione è quasi dimezzata, arrivando al 48,1% degli aventi diritto nel 2024. Una tendenza discendente diversa segue la Francia, storicamente meno interessata alle elezioni europee rispetto alla media: partendo da un’affluenza del 60% alle urne, l’Esagono ha toccato un minimo del 43% nel 2009, per poi aumentare costantemente fino al 51,50% nel 2024. Anche la Germania segue una tendenza simile ma maggiormente positiva, dal 65% iniziale nel 1979, subisce una flessione nel tempo per poi risalire, raggiungendo lo stesso livello nel 2024.
In uno scenario di partecipazione a più velocità, è interessante vedere come in Francia e Italia il consenso verso le destre radicali cresce nel momento in cui l’affluenza alle urne è più bassa della media europea. Poiché la disaffezione verso l’Europa si può indicare con il tasso di partecipazione e la destra estrema è spesso euroscettica, si può ipotizzare che un basso tasso di affluenza favorisca il voto a destra.
COSA È SUCCESSO NEGLI STATI MEMBRI
Visto che i gruppi politici europei che possono governare, come il Partito Popolare Europeo (EPP) o l’alleanza progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D), sono costituiti per la maggior parte da partiti politici degli Stati membri, è importante esaminare i risultati elettorali più discussi nei Paesi europei. In Francia, il Rassemblement National, partito di estrema destra capeggiato da Marine Le Pen, ha ottenuto un risultato storico: il capolista Jordan Bardella ha conquistato il 31,7% dei voti. Questo risultato ha nettamente superato la lista dei liberali di Emmanuel Macron guidata da Valérie Hayer, che ha raggiunto solo il 14,9%. Di fronte a questa vittoria schiacciante, Macron ha affermato di aver ascoltato e ricevuto il messaggio di preoccupazione del popolo francese, annunciando lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale, la camera bassa del parlamento. Proseguendo, il presidente della Repubblica ha affermato di non poter agire come se nulla fosse accaduto e ha convocato le elezioni che si terranno in due turni il prossimo 30 giugno e 7 luglio. Se i risultati delle elezioni europee in Francia fossero confermati anche nelle prossime elezioni dell’Assemblea Nazionale, potrebbe aprirsi la strada per una situazione di ‘’coabitazione’’ politica: uno scenario in cui il capo del governo (Primo Ministro), appartenga presumibilmente a un partito diametralmente a Renaissance di Macron, attuale capo di stato.
Diversa dalla Francia ma ugualmente significativa la situazione in Germania, in cui la CDU (Unione Cristiano-democratica, partito di appartenenza della cancelliera Angela Merkel) ha ottenuto ottimi risultati, guadagnando più del 30% dei voti. Altrettanto premiato è stato il partito Alternativa per la Germania (AfD), il partito radicale di destra, euroscettico e con posizione controverse su fronti come l’immigrazione e la religione. Guadagnando più di 5 punti rispetto alla scorsa elezione europea del 2019, l’AfD si è piazzato, nonostante numerosi scandali e accuse di cattiva condotta, al secondo posto con quasi il 16% dei voti. I voti guadagnati dalla CDU e dall’AfD sono stati persi quasi interamente dai partiti del governo attuale del cancelliere Olaf Scholz. I socialisti dell’SPD si posizionano infatti al terzo posto, con quasi il 14% dei voti, e i verdi scalano al quarto posto con quasi il 12%.
In Italia si mantengono sostanzialmente invariate le distribuzioni di voti tra le forze del governo di destra e di opposizione di centro-sinistra, con una redistribuzione dei consensi interna tra le coalizioni. Fratelli d’Italia (FdI) emerge vincitore della tornata elettorale con il 28,8% dei voti, in netto aumento rispetto al 6,5% ottenuto alle europee scorse. Positivi anche i risultati di Forza Italia con a capo Antonio Tajani, che aumenta i propri consensi e va a superare la Lega per rappresentanza. All’opposizione anche il Partito Democratico ha aumentato i propri consensi grazie alla leadership della segretaria Elly Schlein, ottenendo più di 200 mila voti in più rispetto alle ultime elezioni, mentre la lista composta da Europa Verde e Sinistra italiana ha superato ampiamente la soglia di sbarramento del 4% ed ottenendo il 6,7% dei voti. Questi successi della sinistra e dei verdi sono in parte dovuti al drastico calo dei consensi per il Movimento 5 Stelle, che ha perso 7 punti in meno rispetto alle elezioni politiche del 2022.
E ORA?
I gruppi parlamentari, in gergo eurogruppi, hanno subito trasformazioni a seguito della crescita delle destre radicali in alcuni paesi chiave UE. Gli eurogruppi sono sette e sono costituiti da coalizioni di partiti nazionali di comuni tratti ideologici e sono già descritti in questo articolo. I dati provvisori rivelano che, nonostante la crescita dei partiti di destra, la coalizione tra PPE, Liberali e S&D che sostiene la Commissione vigente di Ursula von der Leyen è rimasta relativamente stabile. Il gruppo liberale capeggiato dal partito Renaissance di Emmanuel Macron, in cui siedono anche Italia Viva e +Europa, subisce un calo drastico di adesioni, perdendo 21 seggi. Questa significativa contrazione è stata accentuata dalla decisione improvvisa dell’ex primo ministro ceco Andrej Babiš di ritirare i suoi sette eurodeputati da Renew.
Fonte: Parlamento Europeo e POLITICO
Questa scelta ha coronato un periodo difficile per i liberali alle elezioni europee, che sono precipitati da 102 seggi a soli 74. Anche i Verdi registrano una sconfitta importante con una riduzione di 20 posti, mentre l’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici resta il secondo eurogruppo per quantità di consensi, assicurandosi 136 posti. Escono invece rafforzati il partito principale della presidente von der Leyen, ovvero il Partito Popolare Europeo e i gruppi di destra radicale come Conservatori e Riformisti ed Identità e Democrazia. Infine, cresce notevolmente il gruppo di europarlamentari non allineati, ovvero non ricompresi in nessuno dei principali eurogruppi.
Dai risultati elettorali emerge che, se l’estrema destra formasse un unico gruppo, sarebbe la seconda forza più grande in Parlamento, dietro al Partito Popolare Europeo. Sebbene le rivalità all’ interno di una grande coalizione di destra rendono improbabile questo scenario, il notevole peso acquisito dai Conservatori e Riformisti e Identità e Democrazia potrebbe influenzare la formazione di una maggioranza. La coalizione centrista di Conservatori, Liberali e Socialisti ha i numeri per ottenere il mandato esplorativo, permettendo la possibile rielezione di Ursula von der Leyen. Ciò a condizione che la Presidente in carica della Commissione ottenga l’endorsement formale dei capi di stato e di governo UE e che la coalizione centrista riesca ad attestarsi più dei 361 seggi necessari.
Attualmente, la coalizione centrista conta nominalmente 399 seggi, 38 oltre la soglia di maggioranza, ma potrebbe essere esposta a defezioni degli europarlamentari più in disaccordo con una continuità di mandato. Il voto segreto degli europarlamentari sul Presidente della Commissione aumenta significativamente questo rischio. Nel 2019, nonostante il supporto tecnico di 440 parlamentari, Ursula von der Leyen ha ottenuto solo 383 voti. L’ingresso dei Verdi nella coalizione appare improbabile, vista la crescente diffidenza di una parte del Partito Popolare a politiche pubbliche incentrate sull’ambiente che possono rappresentare un ostacolo alla formazione di nuove imprese. Se si presentasse una situazione simile a quella di cinque anni fa, Ursula von der Leyen avrebbe seria difficoltà a formare una solida maggioranza parlamentare. Man mano che ci si avvicina alla soglia della maggioranza di 361 seggi, la vulnerabilità attesa della coalizione rende più probabili le defezioni dei deputati più dissidenti. La continuità di governo alla Commissione con gli ultimi sviluppi non risulta dunque probabile, ma resta possibile.
A cura di Davide Orsitto
Immagine di copertina: © European Union 2024 – Source : EP