Oltre l’8 marzo: un giorno non basta per rovesciare il mondo

Mar 29, 2021 | News

L’8 marzo si è celebrata la Giornata Internazionale della donna. Ufficialmente riconosciuta dalle Nazioni Unite nel 1979, in realtà è emersa dalle attività dei movimenti sindacali all’inizio del XX secolo in Nord America e in tutta Europa. 

Che cosa rimane nel 2021?

La necessità di agire per l’uguaglianza. Per porre fine alle discriminazioni e alla violenza, per garantire un’equa rappresentanza politica femminile, per superare gli stereotipi.
Per far sì che nel 2021 una donna uccisa dal proprio partner non sia una notizia ordinaria o una sportiva non debba rinunciare alla propria carriera per la possibilità di diventare madre. Senza contare che i commenti, talvolta molto spiacevoli, alle donne che ricoprono una posizione di potere sono ancora frequenti e spesso non sono rivolti alle loro competenze, ma al fatto di essere donne.

Un 2021 iniziato con le proteste in Polonia per l’entrata in vigore della norma, molto contestata, che vieta l’aborto anche in caso di malformazione del feto, sancendo il divieto quasi totale di abortire. Allo stesso modo, quest’anno ha visto le manifestazioni in Ungheria per l’uscita dalla Convenzione di Istanbul. La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, non solo ha incontrato avversità nel governo ungherese, ma anche dal governo polacco, che lo scorso luglio aveva annunciato l’intenzione di uscirne.
Abbiamo bisogno di una presa di coscienza reale che vada oltre l’8 marzo per superare barriere strutturali, sociali e culturali ormai sempre più evidenti nella quotidianità.

Per una riflessione più mirata sulla questione, ci siamo confrontati con Federica Tourn, giornalista professionista che si occupa di migrazione, religioni, diritti umani, mafie, femminismo, e autrice del libro “Rovesciare il mondo. I movimenti delle donne e la politica” Aut Aut Edizioni 2020. 

Rovesciare il mondo. Come? raccontaci qualche esempio su cui hai lavorato.

Il titolo mi è venuto in mente dopo aver affrontato tanti esempi di ribellioni, lotte, manifestazioni che il movimento delle donne ha inventato in questi ultimi anni in tutto il mondo. Nel libro ne cito alcuni, ma ovviamente sono una piccola parte del panorama dei movimenti degli ultimi anni. Sono però tutti accomunati dal desiderio di creare un mondo diverso, un mondo dove tutti e tutte abbiano più voglia e più possibilità di vivere adeguatamente; un mondo quindi più giusto; un mondo in cui a tutte le soggettività venga riconosciuto il diritto di vivere. Non è semplice, naturalmente. Tuttavia è indicativo per comprendere che i movimenti femministi attuali non cercano di entrare o trovare un posto nel sistema patriarcale e capitalistico che opprime varie fasce della popolazione, ma vogliono proprio crearne uno totalmente diverso per segnare un salto in avanti nella storia.
Vi è, quindi, un passaggio ulteriore rispetto al femminismo di prima ondata, quello presente  tra fine ‘800 e inizio ‘900, come il suffragismo, in cui è stata messa in atto una lotta giusta per avere un posto in un sistema che escludeva le donne, a partire dal diritto di voto.
Invece, adesso, si tratta di uno scarto di lato, un desiderio di creare dai margini, dal basso, una prospettiva totalmente diversa.

L’esempio più eclatante è quello del Rojava, dove c’è un’intera regione che vuole costruire una società totalmente diversa rispetto alla prospettiva storica da cui parte, in cui uomini e donne hanno assolutamente gli stessi diritti e la stessa partecipazione alle decisioni: un sistema sociale complesso messo a dura prova da attacchi violenti che hanno avuto un riflesso molto grave sulle conquiste sociali e di uguaglianza a cui si era arrivati negli anni scorsi.

Un altro esempio totalmente diverso è quello delle donne cattoliche che cercano di cambiare la Chiesa dall’interno. Questo è molto interessante perché negli ultimi anni si è sviluppata una grande rete di organizzazioni, associazioni e movimenti femminili di donne credenti che non accettano più la disparità enorme che esiste tra uomini e donne nella Chiesa e contestano questo potere clericale: vogliono diventare donne prete, ma non solo. Alcune sono andate addirittura oltre, pensando ad un sacerdozio universale e ritenendo di essere l’unica speranza di sopravvivenza per la Chiesa cattolica, ormai devastata dagli abusi – anche sessuali come sappiamo – e dall’abbandono dei fedeli, che a causa di scandali legati alla pedofilia, non la riconoscono più come degna di attenzione e fiducia. Quindi, questa realtà porta una battaglia dall’interno per salvare la Chiesa.

«Comprendere che i movimenti femministi attuali non cercano di entrare o trovare un posto nel sistema patriarcale e capitalistico che opprime varie fasce della popolazione, ma vogliono proprio crearne uno totalmente diverso per segnare un salto in avanti nella storia».

Negli studi fatti per costruire il libro, noti delle differenze generazionali nei movimenti femministi?

Esistono sempre delle differenze generazionali. Vengono notoriamente identificate delle ondate nel femminismo: la prima a fine ‘800 e inizio del ’900 con le lotte per il voto, poi la seconda che è quella del ‘68 e la terza che è tendenzialmente quella degli anni ‘80. Ora c’è questa quarta ondata.
Che cosa aggiunge quest’ultima? In questo momento, i movimenti femministi che si muovono sulla scena sono movimenti che hanno imparato molto dalle generazioni che le hanno precedute e dalle donne che hanno lottato prima di loro; si può dire che NonUnaDiMeno è un movimento in cui si intrecciano diverse generazioni, con la partecipazione di donne più anziane, che hanno fatto parte di movimenti come quello della Differenza. Se c’è una caratteristica particolare di questi movimenti è quello di essere aperti ad altre rivendicazioni di diritti come ad esempio delle persone LGBTQ+. È un femminismo che ha molte anime, ma tutte attente a includere nella lotta comune chiunque sia emarginato o respinto.

In questo senso, i nuovi femminismi sono molto spesso cosiddetti “intersezionali”, cioè fanno attenzione a vari tipi di sfruttamento. È vero che tutte le donne sono discriminate dal sistema patriarcale, però ce ne sono alcune più discriminate di altre. Secondo questa lettura, anche le donne devono fare un’autocritica perché possono a loro volta discriminare altre categorie: prendiamo, per esempio, il privilegio delle donne bianche ricche. Affronto questo aspetto nel libro parlando del Libano, dove ci sono delle donne della borghesia che ancora utilizzano una schiavitù nei confronti delle donne che sono a servizio e completamente dipendenti perché private del loro  passaporto. E esempi simili si potrebbero moltiplicare. L’aspetto centrale di questi movimenti è sicuramente l’attenzione a ogni forma di discriminazione: non lottano solo per i propri diritti, ma lottano per i diritti di tutti e di tutte. Marta Dillon, una delle fondatrici di NonUnaDiMeno sottolinea proprio questo: il femminismo è una prospettiva capace di rappresentare tutti i conflitti politici e sociali. Lei dice “non c’è femminismo senza migranti, transex e negras” e questo dà l’idea di come sia importante, quando si parla di femminismo, parlare di migranti respinti alla frontiera o di persone che soffrono per diseguaglianze economiche e così via.

Le manifestazioni, gli scioperi, la possibilità di incontrarsi per confrontarsi sono aspetti che si sono praticamente annullati in questo ultimo anno di emergenza sanitaria da Covid-19. In che altro modo ci si è mossi? Quali sono le strategie che si possono mettere in campo?

Non vedersi, o vedersi molto meno, di persona è stato un problema, un grave impedimento, innanzitutto da un punto di vista umano.
Però, allo stesso tempo, questa situazione ha permesso moltissimi incontri virtuali e le occasioni di confronto online si sono moltiplicate. C’è stata una reazione con moltissimi webinar, confronti online, riunioni e scambi virtuali. Tra l’altro bisogna dire che a questi si sono aggiunti anche scambi di e-mail molto frequenti.
Questo si nota per esempio con NonUnaDiMeno, un’organizzazione in cui tutto viene discusso e che, anche in questa situazione, è riuscita a mantenersi attiva tramite un fittissimo scambio di mail e confronti su queste piattaforme.
Bisogna però aggiungere che i movimenti femministi, allo stesso tempo, non hanno rinunciato a manifestare all’aperto appena possibile, con il giusto distanziamento e tutte le cautele che si devono avere in questo periodo di pandemia, scendendo in piazza e continuando ad occupare questo suolo pubblico e questo spazio sociale molto significativo.
Per esempio, l’anno scorso le polacche del movimento Strajk Kobiet, il movimento che si è battuto e continua a battersi contro il total ban sull’aborto, sono state le prime a scendere in piazza, prima in macchina e poi con i loro corpi distanziati, mostrando che si poteva protestare anche nel rispetto delle normativa. Questo è molto importante: non aver rinunciato ad essere in piazza. E lo abbiamo visto anche quest’anno in occasione dell’8 marzo, quando in Italia ci sono state molte grandi manifestazioni per la giornata internazionale della donna organizzate da NonUnaDiMeno.  

«In questo senso, i nuovi femminismi sono molto spesso cosiddetti “intersezionali”, cioè fanno attenzione a vari tipi di sfruttamento. È vero che tutte le donne sono discriminate dal sistema patriarcale, però ce ne sono alcune più discriminate di altre.»

deterÈ da poco passato l’8 marzo, una giornata simbolo, che spesso però può cadere nella retorica, Ma può essere allo stesso modo un’occasione importante. Guardare alla storia per vedere i passi in avanti, ma anche al presente per poter continuare a “rovesciare il mondo”. Come possiamo ricordarci ogni giorno di essere motore di cambiamento? E come trasformare questa presa di coscienza per permetterci di superare barriere strutturali, sociali e culturali e rendere il 2021 davvero un anno di svolta per la parità di genere?

Forse pensare che il 2021 sarà davvero un anno di svolta è ottimistico. Nel senso che noi non possiamo che ricordare sempre che i diritti delle donne, in particolare i diritti sessuali e riproduttivi delle donne, sono ancora sotto attacco in tutto il mondo. Sono sotto attacco da conservatorismi religiosi, da determinati governi, da lobby internazionali molto potenti che hanno preso di mira il diritto di autodeterminazione delle donne. Non sono passati due anni dal congresso mondiale delle famiglie a Verona, ad esempio, e dobbiamo ricordare che proprio in questi ultimi dieci anni sono cresciuti come numero e come forza le associazioni di tutela della famiglia, da Provita e CitizenGo in Spagna ed altre. Queste realtà, essendosi messe in rete, hanno un potere di persuasione e la capacità di entrare nel sistema democratico in modo molto pervasivo e molto forte.
Dobbiamo sapere che c’è ancora questo attacco. Però i movimenti femministi sono forti, sono anzi, secondo me, la vera novità politica degli ultimi anni. Quindi il modo per continuare a ricordarli e battersi per rovesciare il mondo è senz’altro quello di fare molta attenzione ai luoghi dove si sviluppano delle coscienze sociali, a partire dalla scuola, dove un utilizzo del linguaggio inclusivo è molto importante. Abbiamo visto ultimamente la bagarre mediatica che di nuovo è stata suscitata sull’uso corretto delle definizioni delle desinenze femminili e dei mestieri, come “direttore-direttrice” “sindaco-sindaca” ecc. Queste non sono delle battaglie di retroguardia, sono anzi un modo – la lingua si sa è un modo per rappresentare il mondo e se noi non nominiamo il femminile, il femminile scompare. Questa sicuramente è una battaglia da portare avanti nella scuola, ricordare che anche i testi sono stati scritti da un sistema che ha privilegiato una visuale maschile. Ora, molte storiche e studiose si stanno battendo per portare un’altra visione, raccontare in modo più concreto la storia e la letteratura e far conoscere molte autrici che sono state tralasciate. Fare attenzione a recuperare quello che abbiamo trascurato, quindi donne che non sono state raccontate, e invece raccontarle e farle conoscere. E poi dare visibilità a questi movimenti, facendo attenzione alla complessità del momento in cui stiamo vivendo. Chi attacca i movimenti femministi, oggi, utilizza linguaggi seduttivi e in modo subdolo, spesso avvalendosi anche di modalità espressive del femminismo stesso. Per esempio, nella lotta contro gli antiabortisti non si parla più del feto, non si usano più immagini cruente ma si punta sulla famiglia, sull’importanza di combattere la denatalità in una modalità quasi innocua, trascurando il fatto che puntano a eliminare i diritti di autodeterminazione della donna, i diritti sessuali e riproduttivi, che sono stati guadagnati con tanta fatica. Quindi mai abbassare la guardia e dare per scontato che questi diritti, anche in Italia, anche nella nostra democrazia, siano diritti conquistati per sempre.

A cura di Caterina Moser e Vittorio Sclaverani