L’ITALIA COME SPENDE I FONDI EUROPEI?

Gen 17, 2021 | News

Come visto nella prima parte dell’approfondimento, le risorse stanziate dall’Europa con Next Generation EU sono ingenti e necessitano di accurata pianificazione. Nonostante ciò, i timori in merito ad un utilizzo inefficiente sono molto forti e questo è direttamente legato allo spreco di fondi europei occorso negli ultimi anni, evidente anche ai cittadini. Questa convinzione ha fondamenta radicate nei fatti? Per trovare risposta occorre approfondire il funzionamento delle politiche pubbliche europee per lo sviluppo territoriale e delle risorse stanziate in tale ottica. L’Unione europea dispone di un proprio bilancio, composto da “risorse proprie” reperite da un insieme di fonti eterogenee (contributi degli Stati membri, dazi doganali derivanti dalla politica commerciale comune etc.). Il budget, o “Quadro Finanziario Pluriennale” (QFP), è definito nel corso di lunghe trattative che coinvolgono le istituzioni europee e gli Stati membri e, come detto, copre sette anni. Nel corso del settennato vengono implementate una serie di iniziative articolate dirette a obiettivi predefiniti. Tali iniziative sono anche chiamate “programmi” e perciò si parla di “programmazione europea”. Gli impatti che tali programmi hanno sul territorio vengono misurati alla fine del periodo in modo da trarne insegnamenti validi per il settennato successivo, secondo una logica di apprendimento continuo detta policy cycle (ciclo delle politiche pubbliche).

I cinque fondi strutturali e di investimento europei

Il 2020 è stato l’ultimo anno del settennato iniziato nel 2014 e si stanno già tirando le somme sull’efficacia della spesa nei fondi europei in tale periodo. La cronica difficoltà italiana nella spesa dei fondi europei è riscontrabile nei report ad ogni livello, specie per ciò che concerne i c.d. “fondi Strutturali e di Investimento Europei” (fondi SIE). 


Questi hanno rappresentato gran parte del budget europeo (circa 1000 miliardi di euro nel periodo 2014 – 2020) e sono stati organizzati in cinque fondi, che sono specificati in programmi differenti per tematiche di investimento (innovazione, ambiente, istruzione e formazione, sicurezza) e suddiviso in quote per ciascuno degli Stati membri dell’UE sulla base di specifici contratti detti “accordi di partenariato”, stipulati con la Commissione europea. 

L’accordo di partenariato tra Italia e UE prevedeva 51 diversi programmi di investimento, di cui 39 a gestione regionale e 12 a gestione nazionale; ciascuno di questi programmi è stato affidato ad una specifica “Autorità di Gestione”, solitamente un Ministero o un’Agenzia ministeriale per i “PON” (Programmi Operativi Nazionali) e una Regione per i “POR” (Programmi Operativi Regionali).

La ripartizione dei fondi SIE assegnati all’Italia), secondo quanto pubblicato a settembre 2020 dal Servizio Studi della Camera dei Deputati. Dati espressi in milioni di euro

Il dato progressivo, a partire dal 2015, registra i fondi assegnati all’Italia (in azzurro), concessi per specifici progetti (in blu) e poi effettivamente erogati ai beneficiari (in giallo) a fronte della realizzazione delle spese, delle attività e dei risultati previsti.
Fonte: www.cohesiondata.ec.europa.eu 

Considerando anche il miliardo di euro di fondi destinati all’Obiettivo “Cooperazione territoriale europea”, si raggiunge un totale di quasi 45 miliardi di euro destinati all’Italia per il settennato 2014 – 2020. Di questo ingente quantitativo di soldi l’Italia è effettivamente riuscita a “spendere” una parte, per giunta minoritaria. La Corte dei Conti europea, lo scorso settembre, ha confermato che abbiamo “speso” circa il 38% dei fondi assegnati, analizzando i dati provenienti dalla Commissione europea, che aggiorna costantemente le informazioni sulla spesa dei fondi SIE di ciascun Paese.

Nella relazione annuale 2019 sull’esecuzione del bilancio dell’UE, la Corte dei Conti europea ha riportato un quadro della spesa dei fondi SIE nei diversi Stati membri, anche in confronto a quanto speso nel ciclo di programmazione precedente (2007 – 2013).

Per fare un rapido confronto con altri Stati Membri, Francia e Germania spendono rispettivamente il 53 e il 49 percento dei fondi assegnati, mentre la prima della classe è la Finlandia, che ci guarda dall’alto del suo 73% di risorse effettivamente utilizzate. Guardando il quadro completo, l’Italia è in fondo alla classifica assieme alla Croazia.

I nostri vicini dall’altro lato dell’Adriatico, però, sono divenuti parte dell’UE solo nel 2013; sono quindi giunti alla fine del primo settennato di programmazione europea e non hanno avuto la chance di accumulare esperienza amministrativa nelle gestione dei fondi europei erogati nei precedenti cicli di programmazione.

Proprio nella capacità da parte della PA di gestire l’ingente quantitativo di risorse messe a disposizione dall’Unione risiede una delle chiavi interpretative del nostro ritardo nell’attuazione dei piani europei. Non solo, però: nella terza parte di questo approfondimento vedremo quali dinamiche causano lo spreco di fondi appena descritto, sia a livello pubblico sia privato.

A cura di Francesco Cafarelli