EUROPAROLA: mobilità
EuroParola è una rubrica a cura dei volontari e delle volontarie della Fondazione Antonio Megalizzi per spiegare in modo semplice le politiche europee a partire da una parola.
Ogni giorno 3,5 milioni di persone attraversano le frontiere interne dell’Unione europea per motivi di studio, lavoro o visita a famigliari e amici. La mobilità è quindi di fondamentale importanza per le cittadine e i cittadini europei tanto che, nel contesto – e nello spazio – dell’Unione europea, essa assume almeno tre significati importanti: libero spostamento delle persone, con superamento delle frontiere nazionali senza imposizione di controlli e necessità di permessi, come è possibile all’interno dello Spazio Schengen; mobilità in ambito universitario offerta dal programma Erasmus; sfida attualissima rappresentata dalla mobilità sostenibile, fondamentale per ridurre le emissioni e avere un minore impatto in ambito climatico.
Mobilità libera
La facilità con cui le persone si spostano all’interno dell’UE è dovuta all’acquis di Schengen, entrato in vigore nel 1995 e basato sull’Accordo di Schengen del 1985 e sulla Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 1990. È da quasi trent’anni, quindi, che dal punto di vista della mobilità delle persone non esistono frontiere interne all’Unione europea: circa 400 milioni di individui possono circolare liberamente. Questo concetto è comunemente conosciuto come libera circolazione e, di fatto, è una libera mobilità.
L’idea base dell’accordo nasce come progetto intergovernativo tra cinque paesi confinanti dell’Unione europea – Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo – che si è poi gradualmente espanso, fino a diventare la più vasta zona di libera circolazione al mondo.
Il cosiddetto spazio Schengen (anche chiamato zona o area Schengen) è un’area in cui sono compresi i 27 Paesi appartenenti all’Europa che hanno abolito frontiere interne, facendo riferimento a un’unica frontiera esterna in cui avvengono i controlli. Per i viaggiatori internazionali, quindi, il territorio dell’Unione europea è un complesso unitario in cui è garantita la libera circolazione delle persone. Di questi 27 Stati, 23 appartengono di fatto all’Unione europea, della quale rimangono esclusi l’Irlanda, che non aderisce, Bulgaria, Romania e Cipro, che pur avendo aderito, non lo hanno fatto entrare in vigore perché non ritenuti in grado di rispettare i criteri di partecipazione (corretta gestione frontiere esterne, condivisione informazioni sulla sicurezza, efficiente cooperazione della polizia). A completare l’area si aggiungono Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein. L’acquis è valido indirettamente anche nel Principato di Monaco, a San Marino e nel Vaticano, poiché essi presentano un’assenza di frontiera rispettivamente con Francia e Italia, e ciò rende di fatto la libera circolazione attiva in 30 Stati.
I controlli alle frontiere interne possono essere ripristinati in casi eccezionali, per minacce definite “gravi” di ordine pubblico o sicurezza interna, quali terrorismo, o, di recente attualità, motivi sanitari come la pandemia da Covid-19. Per quest’ultimo motivo, di fatto Schengen è stato sospeso di sei mesi in sei mesi e in alcune aree non è ancora stato informalmente ripristinato.
Anche i cittadini dei paesi terzi possono trarre vantaggio dall’acquis di Schengen: quando ottengono il visto da uno dei Paesi appartenenti, è data loro la possibilità di spostarsi anche negli altri, con il primo controllo solo alla frontiera esterna. Altri vantaggi dell’accordo si possono riscontrare nella maggiore cooperazione tra le forze di polizia degli Stati posizionati sui confini esterni, anche in termini di crimini transfrontalieri.
Per aderire a Schengen servono una serie di condizioni preliminari: applicare l’insieme comune di norme concernenti i controlli alle frontiere, il rilascio dei visti, la cooperazione di polizia e la protezione dei dati personali; assumere la responsabilità del controllo delle frontiere esterne e del rilascio di visti uniformi; cooperare con le autorità di contrasto al fine di mantenere un elevato livello di sicurezza; collegarsi e utilizzare il sistema d’informazione Schengen (SIS).
Mobilità studentesca
Due anni dopo Schengen, è stato siglato un altro importante accordo che agevola la mobilità internazionale, in questo caso specifica per gli studenti universitari. Il Piano d’azione regionale europeo per la mobilità degli studenti universitari, meglio conosciuto con il suo acronimo ERASMUS (derivato dall’originale inglese EuRopean community Action Scheme for the Mobility of University Students) è stato istituito il 17 giugno 1987.
Il programma, il cui nome è dato anche in onore di Erasmo da Rotterdam – teologo, filosofo, umanista e saggista olandese – per i numerosi viaggi compiuti in vari paesi europei al fine di conoscerne la cultura, offre la possibilità a studenti e studentesse universitari/e di effettuare un periodo di studio riconosciuto dalla propria università in un ateneo di un altro Stato dell’Unione europea.
L’idea dell’Erasmus è nata in Italia: Sofia Corradi – chiamata Mamma Erasmus –, pedagogista e consulente scientifica della Conferenza Permanente dei Rettori delle Università Italiane, già nel 1969 mise in circolazione la sua idea di creare un’opportunità di periodi di studio all’estero riconosciuti. A questo è poi seguita l’azione dell’Associazione Studentesca AEGEE (Association des Etats Généraux des Etudiants de l’Europe) che ha persuaso l’allora presidente francese François Mitterrand ad appoggiare la nascita del progetto.
Nel corso degli anni l’Erasmus si è evoluto, ampliando il coinvolgimento e le opportunità. Oggi, il progetto permette a studenti e docenti di svolgere un periodo di studio o di tirocinio, della durata tra tre e dodici mesi, in uno Stato membro dell’UE, con il conferimento di una borsa di studio composta da un fisso mensile (differente in base al livello di spesa del Paese) e da una quota variabile per reddito. Dal 2014 il nome è stato trasformato in Erasmus+ e comprende gli ambiti di istruzione, formazione, gioventù e sport, toccando le tematiche di inclusione sociale, sostenibilità ambientale, transizione verso il digitale e promozione della partecipazione alla vita democratica. Si tratta, quindi, di una mobilità importante per la formazione dei cittadini europei di oggi e di domani.
Mobilità verde
La mobilità è un argomento molto attuale anche nell’ambito della transizione ecologica, in atto verso un futuro europeo più verde. Nell’ambito è sicuramente centrale la mobilità sostenibile, concernente l’obiettivo di rendere tutti gli spostamenti il meno impattanti possibile per il Pianeta.
L’Unione europea, per affrontare e superare le sfide e le minacce del cambiamento climatico e del degrado ambientale, ha adottato una nuova strategia di crescita dal nome Green Deal europeo. Si tratta, questo, di un patto che punta alla neutralità climatica, al rilancio dell’economia, alla riduzione dell’inquinamento e alla creazione di industrie e trasporti sostenibili. Dunque, anche la mobilità sostenibile risulta inserita tra le politiche da mettere in atto. I trasporti sono alla base della mobilità, per persone e merci, e rappresentano una pietra miliare dell’integrazione europea perché sono agli effetti ciò che consentono la libera circolazione, permettendo lo spostamento delle persone, tramite tutti i collegamenti esistenti. Essendo i mezzi di trasporto particolarmente responsabili delle emissioni di gas serra e dell’inquinamento atmosferico, si trovano anch’essi ad affrontare la sfida del cambiamento climatico. Per tale motivo, è opportuno che vengano trasformati e adeguati a essere intelligenti, sostenibili ed efficienti e che vi siano dunque alternative più economiche, accessibili, sane e pulite.
Unione europea sostiene già da tempo lo sviluppo dei suoi sistemi di trasporto al fine sia di promuovere il mercato unico e aumentare la connettività tra le regioni europee, sia di decarbonizzare e aumentare la sostenibilità della mobilità europea. Per raggiungere l’obiettivo dell’impatto climatico zero, il settore dei trasporti deve subire una trasformazione che porti a una riduzione almeno del 90% delle emissioni. Questo deve avvenire in modo che tutte le opportunità di mobilità siano coinvolte, comprendendo dunque le diverse modalità di trasporto: stradale, aereo, marittimo e ferroviario.
’Dal punto di vista del trasporto stradale, sono state recentemente riviste le disposizioni legislative che mirano a promuovere trasporti ecologici più efficienti per ridurre le emissioni di Co2, con conseguenti limitazioni per i veicoli pesanti. Per quanto concerne gli aerei, la mobilità sostenibile è raggiungibile con la modifica dei combustibili utilizzati, della tecnologia aeronautica e con un regime di compensazione e riduzione delle emissioni di carbonio. Anche per il trasporto marittimo è necessaria l’implementazione di carburanti più puliti. Per il trasporto ferroviario, invece, è stata costruita e diffusa una campagna di promozione che pone al centro il treno come mezzo di trasporto ecologico e intelligente, con disposizioni che sostengono la mobilità pulita integrata, tramite la facilitazione del trasporto delle biciclette. Tuttavia, per quanto le ferrovie siano l’alternativa più ecologica per i nostri spostamenti, sussistono dei problemi che ne ostacolano l’utilizzo, soprattutto per i viaggi internazionali. Per viaggiare in treno tra più stati, infatti, si incontrano diverse difficoltà date dalla gestione propria di ogni Stato che obbliga chi viaggia a doversi destreggiare tra più siti per consultare gli orari e acquistare i biglietti. Non esiste alcun tipo di sistema unitario di questo tipo che superi i confini. Per quanto riguarda la mobilità verde, dunque, passi avanti sono in corso per l’implementazione di politiche che la garantiscano, ma si potrebbe e dovrebbe fare di più per rendere gli spostamenti green più agevoli per tutte e tutti.
Che sia libera, studentesca o verde, la mobilità offre un gran numero di opportunità positive ed è uno dei pilastri su cui il senso d’unione dell’Europa si fonda.
A cura di Ilaria Bionda